L'angolo della psicosomatica . . .

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Parliamo di .....

LA NATURA PSICHICA DEL CANCRO
di Loretta Martello
 
 ... Poco tempo fa assistetti alla televisione ad un’intervista fatta ad un “prestigioso” professore di una “prestigiosa” Università di una nota città d’Italia. Al professore fu chiesto quali fossero le ragioni dell’aumento del tumore al polmone nella donna, aumento che ha superato quello maschile. Il professore rispose che il tumore al polmone è dovuto principalmente al fumo....
Allora la giornalista gli fece notare che la donna in genere fuma meno dell’uomo e che molte donne contraggono il tumore senza aver mai fumato nella loro vita. Il professore balbettò un commento che fu questo: “Eh… beh, sì..…alle volte è così”. E l’intervista si concluse in questo modo, cioè in un modo che è assolutamente privo di logica. Questa mancanza di logica è una delle lacune più grandi del mondo accademico. Si dicono cose senza cercare i nessi tra le stesse. In questo esempio si rimane colpiti da due fatti: il primo è che il fumo è la causa prima del tumore ai polmoni; il secondo è che la donna si ammala più dell’uomo di tumore ai polmoni pur fumando di meno. Ma tra queste due istanze manca l’elemento che le collega. Come mai si ammala di più la donna se fuma di meno, dal momento che il fumo è la causa principale?
Spesso, nella velocità con cui vengono date le informazioni, non ci si sofferma a cogliere i nessi.
Il nesso qui è semplice ed ha tutta un’altra radice. Il tumore ai polmoni è spesso una disperata risposta ad un’angoscia d’abbandono, presente fin dai primi momenti di vita e più tardi vissuta come lutto o perdita affettiva. La donna soffre più dell’uomo di dolori affettivi e più facilmente può quindi ammalarsi ai polmoni. Il fumo non è la causa diretta del tumore, bensì l’aspetto visibile del profondo disagio che va a compensare, e cioè proprio l’angoscia d’abbandono e i suoi richiami al desiderio orale dell’infanzia che il fumo ora soddisfa. Quindi il fumo non è la causa, ma la conseguenza del processo che sta a monte, risalente alla prima infanzia, processo che può comportare sia l’abuso della sigaretta, quanto lo sviluppo di una neoplasia. Ecco la ragione per cui fumo e neoplasie sono spesso associati anche senza essere causa e conseguenza l’uno dell’altra. Così andrebbero poste le cose. Così avrebbero un senso logico. Così ci sarebbe il nesso originario tra causa ed effetto.
Un altro esempio è quello di una ricerca sull’incidenza dei tumori al seno, che portò a scoprire che le donne più soggette sono quelle che non sono state allattate dalla propria madre. La ricerca è in sé corretta, però poi si spinge nel cercare quali “sostanze” siano presenti nel latte materno, la cui carenza potrebbe favorire l’insorgere dei tumori. Non ci si pone una domanda un po’ più profonda: “Chi” è la mamma? “Chi” è il latte? (e non “cosa” è il latte). La mamma è colei che attraverso il sangue-latte nutre l’Io del bambino. Il latte è figlio del sangue, che a sua volta è figlio dell’Anima e dell’Io. Il sangue veicola tutto il mondo animico della madre (emo-zione vuol dire agire sul sangue) e tutte le forze del suo Io.  Quando, nella mamma, il sangue si trasforma in latte, nutre l’Io e l’Anima del bambino, favorendo il processo di identificazione, cioè il processo della vera salute. Mancando il latte materno, il bambino è più in difficoltà nel percepire un sano senso di sé, e la sua Anima è privata del caldo contatto affettivo con la madre. Privazione sensoriale ed affettiva, e riduzione della forza dell’Io sono le due principali ragioni dell’instaurarsi della frattura interiore che può, più tardi, in particolari momenti di passaggio della vita, dar luogo alla malattia. Nel tumore al seno, dal punto di vista psicologico, c’è qualcosa di simile al tumore del polmone, ed è per questo che una neoplasia al seno può virare nel polmone. Qui la legge dell’affinità tra tessuti, che spesso viene chiamata in causa quando si formano nuove metastasi, non può agire, perché l’unica affinità tra polmone ammalato e mammella ammalata è il desiderio di latte-affetto-identità mancati all’inizio della vita.
Ma il mondo scientifico spesso si limita a descrivere le cose e lo fa anche con molta accuratezza, però non ci aiuta a comprendere qual è il loro significato. Solo una sana ribellione alle risposte che non sono risposte può dare vita alle risposte più vere.
Perché accettiamo le informazioni superficiali, il pericolo, la tossicità di esami clinici e terapie, perché accettiamo la morte?
La risposta può essere abbastanza semplice: perché abbiamo paura. Tutti: chi cura e chi viene curato. E la paura è da un lato un’ottima ragione per ammalarsi, da un altro un’ottima ragione per permettersi di non guarire.
Vedremo in seguito la strettissima relazione tra paura e cancro.
La paura non consente alla maggior parte dei medici di prendere veramente coscienza di cos’è il cancro e ancor meno lo consente ai malati.
Si parte da un’ipotesi, secondo la quale il cancro si origina per un danno genetico che porta una cellula a impazzire e a proliferare. Questa ipotesi non è mai stata dimostrata e su di essa si basano poi tutti i metodi invasivi di “cura”. Questa ipotesi non dice nulla del perché la cellula impazzisce, non dice a chi o a che cosa è attribuito il danno genetico, né perché prolifera. Dopo sessant’anni di studi clinici non si sa ancora nulla.
La paura impedisce il corretto sguardo, intellettualizza la conoscenza privandola di saggezza, strappa il cuore ed il pensiero del cuore, nega l’esistenza dell’Anima e dello Spirito, nega il fallimento ed esalta il successo, si trincera dietro dati e statistiche spesso lacunosi.
Credo che ogni persona che voglia farsi un’idea di che cos’è il cancro oggi, può farsela semplicemente guardando intorno a sé, nella sua normale vita di relazione, perché questa malattia è ormai così diffusa che tutti siamo entrati più o meno in contatto con qualcuno che l’ha avuta. Nella mia esperienza, se considero quanta gente moriva quando io ero bambina per “il male che non perdona” (così lo definiva mia nonna), circa 45 anni fa, e quanta ne muore adesso nella semplice cerchia delle mie conoscenze, posso dire senza alcun dubbio che oggi è molto più vasto il numero delle persone che muoiono per questo male, sia che si tratti di anziani, come di adulti, giovani e bambini.
Credo che tutti possiamo osservare questo, senza ricorrere a statistiche di cui non ci possiamo fidare.
Qualcuno potrebbe obiettare che c’è anche più gente che guarisce, ma io non sento di poter affermare questo. Nella mia esperienza clinica ho visto molta gente ammalarsi e morire e assai pochi guarire, e questi ultimi sono stati persone veramente eccezionali, persone che spesso non hanno fatto alcun trattamento tradizionale, ma che hanno colto il messaggio della malattia e trasformato radicalmente la loro vita. Ho visto piuttosto gli altri “tamponare” il male per qualche tempo, resistere qualche anno e poi lasciare questa vita.
Se osservo tutti coloro che ho conosciuto e che sono stati vittime del male, in essi trovo lo stroncarsi della vita sotto la tragedia della mancanza di Verità in un’ampia parte di se stessi, oppure sotto la tragedia di un dolore profondo mai accolto, o ancora sotto la tragedia della fragilità di un Io che non ha saputo stare a fianco dell’Anima...

Tratto dal libro  IL CANCRO, l’ultima richiesta d’Amore di Loretta Martello, edizioni Cerchio della Luna

 

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